L’Autrice si
augura che la lettura di questo libro
aiuti ad approfondire la nostra fede
in Gesù detto il Cristo, inteso
non solo come persona, ma anche come
Principio metafisico in grado di redimere
quanti riescono a collegare la loro
personalità con il sé
divino che abita in ciascuno di noi.
Lo sviluppo della Coscienza Cristica.
da attuare tanto nell’individuo
quanto nella razza umana, infatti, rappresenta
la chiave di volta per risolvere il
massimo problema mondiale: quello dell’illusione
della separatività, causa di
egoismo, violenza e disperazione.
Il Regno di Dio, quindi, può
davvero manifestarsi sulla Terra, qualora
ci si renda conto della divinità
dell’uomo, nonché dell’importanza
del presente periodo di transizione
tra vecchia e nuova èra.
La missione che il Cristo ha svolto
tra gli uomini conteneva la sintesi
della futura rivelazione e costituisce
l’incentivo per partecipare coscientemente
all’edificazione del Regno.
CAPITOLO I°
OSSERVAZIONI PRELIMINARI SULL’INIZIAZIONE
Attualmente, la religione (dal latino
religare, collegare col divino) è
stata sostituita da una fede cieca;
pertanto, la dottrina ha soppiantato
l’esperienza vivente.
Del resto, i teologi hanno enfatizzato
la posizione che il Cristianesimo dovrebbe
occupare nella scia della continuità
della rivelazione, sottolineandone l’unicità.
Inoltre, si è attribuita un’eccessiva
importanza alla lettera dei testi ed
alla forma dei riti, ottenendo come
risultato una cristallizzazione dell’insieme
ed una sua inevitabile involuzione.
In realtà, nei Vangeli sopravvive
ancora, nonostante le censure e le interpolazioni
apportate nei secoli, la testimonianza
del Cristianesimo inteso sia come compimento
del passato che come base per una rivelazione
futura. Si veda ad esempio Mt. 5,17:
”Non pensate che io sia venuto
ad abolire la legge o i profeti.”
Oppure Gv.16, 12-13: “ Ho ancora
molto da dirvi, ma per ora non siete
in grado di capirlo. Quando invece sarà
arrivato, lo Spirito verace vi guiderà
in tutta la verità.”
L’insegnamento esoterico costituisce
la base di tutte le religioni; quando
viene dimenticato, lo spirito e l’esperienza
vissuta di ogni rivelazione vengono
meno.
Per questo motivo, è necessaria
una continuità della rivelazione,
regolata dalla Legge dell’Apparizione
ciclica; si veda a tal proposito la
Bhagavad Gita 4,6: “Ogni qualvolta
vi è un decadere nella religione
e l’aumentare dell’empietà,
Io mi manifesto.”
Dunque, il Cristianesimo può
definirsi come la più grande
delle rivelazioni divine recenti; tuttavia,
è necessario saperne coglierne
il significato profondo, soprattutto
in relazione alla vita del Cristo, perché
essa contiene un aspetto pratico per
chi è spiritualmente evoluto.
Pertanto, bisogna cercarne una nuova
interpretazione, capace d’infondere
nuovo vigore ed interesse alle vacillanti
aspirazioni dei fedeli.
Del resto, lo stato di crisi e di attesa
di qualcosa di nuovo che si manifesta
nel mondo attuale dimostra come sia
necessaria e quindi prossima una nuova
rivelazione.
Il cristiano, che s’appaga di
assistere a riti esteriori e di credere
in formule dogmaticamente concepite,
sembra aver dimenticato che il Cristo
invitò i suoi discepoli a “seguire
le Sue orme” (I° Pietro II°,21),
se si vogliono conseguire risultati
concreti nell’incontro con il
divino.
Studiando la storia comparata delle
religioni, si può agevolmente
cogliere l’uniformità dell’insegnamento
impartito tanto in Occidente quanto
in Oriente, sebbene si notino adattamenti
alle forme di civiltà a cui esso
era rivolto.
Così, se il Buddha sottolineò
la via della Saggezza che porta a conoscere
le cause del dolore, il Cristo predicò
l’Amore e la necessità
di sottoporsi ad una “nuova nascita”,
cioè a quella che negli antichi
Misteri era definita prima iniziazione.
Seguendo i precetti indicati dal Cristo,
il mondo verrebbe rinnovato dalle fondamenta
ed il Regno si manifesterebbe sulla
Terra, ma è necessario praticare
la via tracciata dal Maestro, non attendere
una redenzione vicaria davvero troppo
comoda e semplicistica.
Ora, la vita del Cristo, attraverso
il processo ritmato da cinque grandi
iniziazioni, ci indica quali tappe bisogna
percorrere prima di identificarsi con
Dio; esse sono quelle della Nascita,
del Battesimo, della Trasfigurazione,
della Crocifissione, della Resurrezione
e dell’Ascensione.
L’umanità si trova ora
nella fase della prova e della purificazione,
in cui si apprende l’equilibrio
fra testa e cuore attraverso la pratica
dell’Amore per Dio e per il prossimo.
Il sentimento è emotivo ed instabile,
la devozione degenera spesso nel fanatismo
e nella crudeltà, mentre l’amore
non conosce separatività e disarmonia.
Gli iniziati alla religione dell’Amore
esistono già in tutte le nazioni,
le chiese, i gruppi che attuano il precetto
del servizio al mondo. I gruppi esoterici
moderni servono a preparare gli individui
al discepolato, ma non sottolineano
abbastanza la necessità dell’illuminazione
mentale, dell’obbedienza alla
voce dell’anima, che è
poi l’essenza dell’iniziazione,
intesa come via regale all’autosviluppo,
all’autodisciplina ed all’oblio
di sé.
L’iniziazione consta di una serie
graduata di espansioni di coscienza
che comportano una crescente consapevolezza
della divinità. Trasfigurando
la natura inferiore, è possibile
l’unione con Dio.
Per attuare ciò, è necessario
procedere anche alla distruzione delle
vecchie istituzioni di carattere politico,
religioso e sociale che ostacolano questo
processo, tentando di mantenere lo status
quo.
Il cammino da intraprendere prevede
anche il superamento dell’egoismo
spirituale che deve lasciare il posto
all’amore per il prossimo attraverso
la pratica del servizio attivo e della
negazione di sé.
Ciò comporterà sofferenza
e prove anche dure, ma questo è
il prezzo da pagare per poter entrare
in un’èra nuova. Il destino
del singolo e delle nazioni è
quello di dover subire questa prova
del fuoco; le difficoltà presenti,
che sembrano aggravarsi sempre più,
dimostrano però che l’intera
umanità sta preparandosi all’iniziazione:
hanno avuto inizio le doglie che preludono
ad una nuova nascita collettiva.
Questa deve divenire una certezza, che
ci renderà capaci di sostenere
la terribile prova della fine del vecchio
mondo, di un vecchio modo di vivere
e di rapportarci con gli altri; le prime
luci dell’alba, però, già
filtrano tra la caligine che ancora
ci avvolge.
CAPITOLO II°
LA PRIMA INIZIAZIONE – LA NASCITA
A BETLEMME
La scienza ha ormai acquisito il concetto
di evoluzione, ma lo riferisce solo
alla forma esterna, attribuendone la
causa all’adattarsi degli organismi
ai mutamenti dell’ambiente.
In realtà, è l’espansione
della coscienza che, dall’interno,
provoca uno sviluppo parallelo nel fisico
che finisce, così, per rispecchiare
l’avvenuta crescita interiore.
Ora, grazie a questa evoluzione, l’umanità
sperimenta sempre più sia l’immanenza
che la trascendenza divina, acquistando
nel contempo una maggior comprensione
della rivelazione che viene presentata
in modo graduale.
Nella storia del mondo, tanti individui
di ogni razza e Paese hanno sperimentato
queste cinque espansioni di coscienza,
trovando la divinità nascosta
al loro interno e dedicando la vita
al servizio del prossimo.
Oggi, però, siamo alla vigilia
di un grande risveglio mondiale, per
cui l’umanità intera vivrà
questa esperienza; il che comporterà
una profonda rivoluzione in tutti gli
aspetti della vita associata.
Il primo iniziatore dell’uomo
è e sempre sarà la sua
anima; la si può chiamare con
nomi diversi: il Cristo interiore, il
Sé o Atman, l’Ego, il vero
Io, l’Angelo della Presenza, ma
il senso non cambia; l’anima immortale
dell’uomo prepara alla prima iniziazione.
È bene chiarire il fatto che
il germe del Cristo vivente è
sempre stato presente in ogni essere
umano, sebbene sepolto da molte scorie;
quando si verificano le condizioni favorevoli
alla sua manifestazione, inizia la crisi
salutare che porterà a sacrificare
la parte umana a quella divina.
L’iniziato, quindi, non è
solo un uomo buono o un devoto, ma colui
che a queste doti di fondo ha saputo
unire una profonda comprensione mentale.
Irradiando la sua personalità
con la luce dell’anima, egli si
libera dalle illusioni del mondo, dedicando
la sua esistenza al servizio dei propri
simili.
Sapendo che Dio è anche in noi,
lavoriamo per raggiungere la perfezione,
per divenire a nostra volta un Maestro
che coopera con la Volontà divina.
Come figli di Dio, anche noi possiamo
seguire le orme del Cristo, ripercorrendo
lo stesso cammino.
La coscienza però solo gradualmente
diviene consapevole del Piano divino;
ciò è accaduto anche al
Cristo che, all’inizio, presentì
oscuramente il compito che l’attendeva.
Solo dopo la purificazione, seguita
al superamento delle tre tentazioni,
la Sua missione ebbe inizio e proseguì
fino al trionfo finale. A quel punto,
l’individuo accetta di subordinare
la sua vita alla Volontà del
Padre e può riconoscere, con
la crocifissione dell’io umano,
che “tutto è compiuto”
(Gv. 19,30).
Quanto detto per l’individuo,
vale anche per la specie umana che ha
attraversato varie fasi ascendenti,
in un percorso a spirale. Infatti, lo
stesso concetto di Dio ha subito un’evoluzione;
si è passati da una concezione
trascendente ed antropomorfa considerata
con terrore ad una immanente ed amorevole.
Del resto, ai suoi primordi, l’umanità
fu governata dall’istinto, poi
venne la luce dell’intelletto,
mentre oggi si va sviluppando l’intuizione
e per alcuni è possibile l’illuminazione.
Così, il selvaggio isolato ha
lasciato il posto all’aggregazione
familiare, alla tribù, alla nazione;
oggi, si comincia a pensare in termini
di federazioni di Stati, se non addirittura
di umanità intera.
È innegabile, dunque, non solo
che il processo sia avviato, ma anche
che si trovi in uno stadio ormai avanzato.
Il Cristo ci ha mostrato, tramite la
Sua persona e la Sua vita, ciò
che un uomo era e ciò che poteva
divenire. Dunque, seguendo le Sue orme,
non potremo fallire nello scopo che
ci siamo prefissi. La Sua vita ricalca
quella di Maestri precedenti, perché
le prove da attraversare sono sempre
le stesse.
È singolare, comunque, che quasi
tutti questi Inviati siano nati in una
grotta e da una madre vergine; il che,
evidentemente, sottintende un significato
simbolico da decifrare.
Per quanto riguarda l’Immacolata
Concezione, sappiamo che la Chiesa ne
ha fatto un dogma, ma di ciò
non vi è traccia nei primi documenti
cristiani, come i Vangeli di Marco e
Giovanni, oppure l’Apocalisse
e le Epistole di Paolo.
Del resto, la stessa iconografia della
Vergine sembra mutuata da quella di
divinità precristiane, come Iside
raffigurata sulla luna crescente, circondata
da dodici stelle e nell’atto di
allattare il figlio Oro. Stessa postura
ha Devaki con Krishna ed Istar con Tammuz.
Inoltre, il nome Maria sembra ricalcare
quello di Mirra, madre di Mercurio o
di Adone, o di Maya madre di Buddha,
tutte venerate nel mese di maggio.
Infine, la grotta è sempre stata
considerata luogo d’iniziazione:
sia Krishna che Mitra nacquero in un
antro. Ed ancora: tutti questi Salvatori
rivelarono una dottrina, furono sacrificati,
discesero agli inferi e risuscitarono
il terzo giorno.
Lo studio delle religioni comparate
mostra altresì che le date e
gli eventi della vita di questi Figli
di Dio alludono al corso del sole nel
cielo, indicando così la loro
natura di Dei solari. Infatti, la nascita
coincide con il solstizio d’inverno
(quando all’orizzonte sorge il
segno zodiacale della Vergine, che resta
intatta anche quando il sole emerge
da lei nel firmamento) e la resurrezione
con il passaggio dell’astro diurno
sull’equatore, per non parlare
dello sfolgorìo della luce nel
santo sepolcro, tanto da rendere il
Cristo irriconoscibile da parte dei
discepoli, che non a caso sono dodici
come i segni dello zodiaco, attraversati
dal sole nel corso dell’anno.
Si può aggiungere che Mercurio,
Esculapio, Bacco, Ercole, Perseo, i
Dioscuri, Mitra e Zaratustra erano considerati
per nascita sia umani che divini.
Se poi si vuole considerare la questione
dal punto di vista esoterico, si può
dire che la Materia vergine (Mulaprakriti),
adombrata dallo Spirito Santo, dà
vita al Cristo (l’universo); il
senso profondo del “mistero”
trinitario non è altro che la
cosmogonia, ridotta dall’exoterismo
alla storia della famigliola di Nazareth.
Comunque sia, l’importante è
comprendere che si può parlare
di un Cristo cosmico, celato nell’evoluzione
del sistema solare; di un Cristo mitico
che vive nel progredire dell’umanità;
di un Cristo storico, nascosto nella
forma di Gesù; di un Cristo individuale,
racchiuso in ogni essere umano. Il processo
è sempre lo stesso: la nascita,
la vita di servizio altruistico, la
morte e la resurrezione gloriosa, per
compiti sempre più grandi.
Ora, il Cristo storico ci ha indicato
la via da percorrere, ma quello individuale
è ancora dormiente in gran parte
dell’umanità; quando la
coscienza cristica si sarà risvegliata,
il mondo intero verrà profondamente
rinnovato: trionferà la pace,
la giustizia e la vera comprensione
divina.
Ognuno di noi ha il compito di ricalcare
le orme dell’Uomo-Dio; tutti siamo
figli dello stesso Padre e tutti hanno
le stesse possibilità di riuscire
nell’impresa; certo, occorrono
impegno e perseveranza, ma si può
raggiungere lo stesso traguardo di gloria.
Piuttosto che continuare ad accettare
supinamente i dogmi di una fede irragionevole
e puerile, siamo chiamati ad orientare
la nostra natura inferiore verso l’anima,
che deve guidare i nostri pensieri e
le nostre azioni nella vita quotidiana.
Ciascuno di noi è chiamato alla
nuova nascita, simile a quella del bambino
Gesù nella grotta di Betlemme.
CAPITOLO III°
LA SECONDA INIZIAZIONE
– IL BATTESIMO NEL GIORDANO
Per accedere alla seconda iniziazione,
è essenziale purificare la propria
natura inferiore; questo è il
senso del battesimo di Gesù nel
Giordano ad opera di Giovanni.
La tradizione dice che ciò avvenne
a trent’anni d’età,
prima d’intraprendere la Sua missione
pubblica.
I testi antichi, soprattutto quelli
sacri, non vanno mai interpretati alla
lettera; essi contengono sempre più
di un significato.
Da un punto di vista simbolico, il numero
dieci allude alla perfezione; quindi,
trenta indica il perfezionamento dei
tre aspetti della personalità:
quello fisico, emotivo e mentale che
velano l’anima, ma che sono necessari
per agire nel mondo. Quando sono messi
al servizio dell’io divino, ne
risulta un essere orientato positivamente.
Va detto che il termine battesimo deriva
dal greco baptìzo (seppellire);
con ciò si voleva indicare la
morte dell’uomo vecchio ed una
nuova nascita; infatti, in origine,
il battesimo avveniva per totale immersione
nell’acqua, da cui si riemergeva
purificati in ogni senso. La stessa
parola purezza contiene la radice sanscrita
pur- che significa “libertà
da ogni legame”.
Comunque, il Vangelo (Lc. III,16) allude
a due specie di battesimo: quello con
l’acqua, praticato da Giovanni
Battista, e quello con fuoco o dello
Spirito Santo, attuato dal Cristo. Infatti,
quando la coscienza spinge al riconoscimento
dei più alti valori, si procede
verso il Giordano; però, il Cristo
purificò la mente dei Suoi discepoli
col fuoco, alla Pentecoste.
Quindi, alla prima iniziazione, si dedica
la vita fisica all’anima; alla
seconda iniziazione, si domina la natura
emotiva; alla terza iniziazione, il
discepolo padroneggia anche la sua mente;
infatti, il fuoco, in tutti i miti,
simboleggia la luce della mente.
Ora, Giovanni è un chiaro simbolo
dell’aspetto divino insito in
noi che incita alla purezza; Gesù,
invece, è l’iniziato che
affronta la prova, mentre il Cristo
è il principio metafisico, lo
spirito, che si manifesta in Gesù.
Non si deve credere che l’iniziazione
consista solo in una misteriosa cerimonia;
infatti, ogni volta che un individuo
s’impegna a controllare la sua
natura inferiore, ha luogo un’iniziazione.
È qui che si entra in contatto
con altri discepoli con cui s’intende
condividere il cammino ed è qui
che si diviene coscienti della divinità
immanente, cioè insita in noi.
Lo stesso avvenne in Gesù al
momento del battesimo, quando lo Spirito
divino discende sotto forma di una colomba,
alludendo alla purezza ed alla pace
che si manifestano in Lui, accomunandoLo
ad altri fratelli.
Dopo di ciò, tuttavia, bisogna
dar prova di essere degni di entrare
nel Regno; per questo, Gesù si
ritira nel deserto per affrontare le
tentazioni del demonio.
L’episodio in questione indica
chiaramente che Gesù assunse
un corpo umano e come noi fu soggetto
alle condizioni terrene. Egli però
vinse, perché aveva appreso a
dominare Se stesso e c’insegnò
come opporci alle tentazioni. Anche
noi, dunque, possiamo ottenere il trionfo
dell’anima sulla materia, scacciando
il diavolo, cioè le forze coalizzate
del triplice uomo inferiore (fisico,
emotivo e mentale) che tentano di soggiogare
il Figlio di Dio.
Gesù detto il Cristo, quindi,
non rappresenta un fatto eccezionale,
ma anticipa quanto realizzerà
la razza umana che avrà la meglio
sul male, quando sarà consapevole
del suo stato divino.
CAPITOLO IV°
LA TERZA INIZIAZIONE – LA TRASFIGURAZIONE
SULLA VETTA DELLA MONTAGNA
Anche in questo caso
si tratta di un’ulteriore espansione
di coscienza a cui tutti, a tempo debito,
possono aspirare.
Il Cristo diede prova di saper integrare
il sé inferiore nel Sé
superiore, divenendo un “uomo
nuovo” che splendette dinanzi
a tre apostoli, nel momento della Trasfigurazione.
Questa iniziazione rappresenta la possibilità
suprema a cui può aspirare la
nostra umanità attuale, che in
seguito passerà ad altre manifestazioni
dell’Essere.
In questo momento cruciale, il Cristo
fuse la sua volontà con quella
divina, identificandosi con la Potenza
infinita che governa il Tutto; in tal
modo, si rinuncia al sé.
Sul monte Tabor, accanto al Cristo apparvero
Mosè ed Elia, che rappresentano
la Legge ed i Profeti.
In particolare, Mosè è
il legislatore che stabilisce i precetti
a cui deve sottostare la natura inferiore;
del resto, il suo nome significa “salvato
dalle acque” e l’acqua è
appunto simbolo della natura fluida
ed emotiva del desiderio.
Dopo di lui, il Cristo enunciò
il nuovo comandamento dell’Amore
per il prossimo che avrebbe reso superflui
i precetti mosaici, poiché li
contiene tutti implicitamente.
In quanto ad Elia, va detto che il suo
nome significa “la forza del Signore”;
egli rappresenta tutti i Profeti che
avevano annunciato la venuta di Colui
che avrebbe mostrato all’umanità
come fondare il Regno di Dio sulla Terra.
La Trasfigurazione dimostra come la
materia possa essere realmente glorificata;
al suo interno, infatti, vive ed opera
la divinità che finisce per manifestarsi
in tutto il suo splendore.
Anche l’apostolo Paolo scrisse
(Cor. 3,16) “Non sapete voi che
siete il tempio di Dio e che lo spirito
di Dio dimora in voi?”.
Ora, quando la divinità interiore
si rivela, le forme esterne si dissolvono,
liberando la luce insita nella materia.
Anche la scienza moderna, con la dissociazione
dell’atomo, ha potuto osservare
praticamente il lampo di luce abbagliante
che si sprigiona nel momento dell’esplosione
nucleare; il fenomeno si produce quando
la liberazione dell’essenza cerca
un nuovo centro come suo ricettacolo.
Pietro, Giacomo e Giovanni assistettero
all’evento e caddero al suolo
abbagliati. Simbolicamente, i tre discepoli
rappresentano il triplice aspetto della
natura umana (fisico, emotivo e mentale)
che diviene consapevole di una realtà
fino a quel momento solo fideisticamente
accettata.
Il tempo della fede cieca però
sta per finire; è giunto il momento
di accedere alla conoscenza ottenuta
tramite prove irrefutabili, che possono
essere sperimentate da chi percorre
il sentiero interiore.
Il compito affidato ai discepoli di
ogni tempo e luogo è proprio
quello di conoscere ed impiegare i poteri
divini a beneficio del prossimo.
CAPITOLO V°
LA QUARTA INIZIAZIONE
– LA CROCIFISSIONE
Questa è l’iniziazione
più alta a cui gli uomini possono
aspirare. Ora, la Crocifissione e la
Croce di Cristo simboleggiano l’eterno
sacrificio di Dio, che avviene quando
lo Spirito discende nella forma, divenendo
Dio immanente, oltre che trascendente.
Si è già parlato del Cristo
cosmico, ossia della divinità
crocifissa nello spazio, per dar modo
a tutte le espressioni divine di vivere
ed evolvere. Pertanto, è dopo
l’avvento di Cristo sulla Terra
che cominciò a manifestarsi il
regno di Dio; ciò implica il
ritorno all’Origine, cioè
la spiritualizzazione della materia,
la sua assunzione in cielo e la liberazione
di Dio dalla crocifissione cosmica.
Quindi, sebbene Egli fosse un’unità
nella lunga successione di uomini-divini,
Gli fu affidata una missione unica:
quella di inaugurare un’epoca
in cui tutte le forme sarebbero state
liberate dalla morte. Infatti, l’evoluzione
aveva raggiunto un punto per così
dire mediano, in cui poteva iniziare
la risurrezione di quanti fossero disposti
a percorrere il sentiero interiore.
L’avvento di Cristo, dunque, segna
uno spartiacque tra il vecchio ed il
nuovo mondo; il cammino discendente
era compiuto e stava iniziando la risalita
verso il Principio.
La teologia, ancora oggi, però,
pone l’enfasi sulla morte piuttosto
che sulla resurrezione di Cristo; l’umanità,
invece, è ormai disposta ad accettare
l’idea di un Cristo vivente ed
operante nel nostro intimo, non più
quella di un Salvatore morto. Del resto,
si è anche superata la visione
di un Dio iracondo che punisce per l’eternità
e che esige un sacrificio di un innocente
per placare il Suo sdegno.
La Chiesa ha sempre enfatizzato la colpa
ed il peccato dell’uomo, nonché
la necessità di un intermediario
che lo riconcili con un Dio trascendente,
dimenticando la nostra divinità.
Certo, il peccato (dal latino peccatum,
errore) esiste; però, come ogni
errore, può essere corretto da
una condotta diversa che comporta sacrificio,
ma anche liberazione e salvezza.
Anche lo spiritualismo pagano aveva
rivelato la divinità dell’uomo
negli antichi Misteri che Cristo svelò
all’umanità, rappresentando
con la Sua vita il dramma del Dio-Uomo
ed abolendo i sacrifici di sangue ancora
in auge.
La Sua morte sulla croce, dunque, non
riguarda affatto la cosiddetta “redenzione
vicaria” ancor oggi predicata
dalla Chiesa, ma allude alla necessità
di sacrificare il sé inferiore
al Sé superiore.
Ciò è testimoniato dall’episodio
del buon ladrone che fu ammesso nel
regno di Dio, prima della morte di Cristo,
cioè prima che il sacrificio
del Suo sangue fosse consumato, senza
alludere alla necessità della
Sua morte per la remissione dei peccati.
Si consideri, inoltre, la frase di Gesù
crocifisso che chiede al Padre di perdonare
quelli che l’avevano condannato;
evidentemente, Egli non considerava
la Sua morte sufficiente per ottenere
la remissione dei peccati. Dunque, servono
le opere, il pentimento, il sacrificio
personale, il prendere a nostra volta
la croce e seguirLo (Lc. 9,23).
Ed ancora: Cristo in croce invita Sua
madre a considerare l’apostolo
Giovanni come suo figlio; il discepolo
prediletto simboleggia la personalità
sulla via della perfezione, Maria l’aspetto
materiale della natura che custodisce
al suo interno il Figlio divino, il
Sé. È come dire che nella
personalità sviluppata vive allo
stato latente il Cristo bambino e che
la materia è glorificata attraverso
il Figlio.
Si mediti su quanto detto, se ci si
vuole liberare da irragionevoli dogmi
che non possono più soddisfare
quanti siano usciti da uno stato di
minorità intellettuale.
L’interpretazione di un altro
passo può risultare oscura, se
non si possiede una giusta chiave di
lettura, che può essere fornita
solo dalla conoscenza esoterica. Ci
si riferisce alla frase “si fece
un gran buio sulla terra” che,
interpretata alla lettera, avrebbe poco
senso.
Dunque, il Cristo aveva già unificato
la Sua personalità con l’anima;
ora, doveva riunire questa con lo spirito.
Rinunciare all’anima vuol dire
dimenticare di essere Figlio di Dio,
cioè anima incarnata, non avere
più alcun supporto.
Egli si sentì abbandonato, senza
la confortante presenza del sé
divino. I mistici definiscono questo
stato “la notte oscura dell’anima”,
ma è in queste tenebre che avviene
l’incontro con Dio, perché
si compie il sacrificio della natura
inferiore.
È importante chiarire anche il
senso dell’espressione “Ho
sete”, che in genere s’interpreta
in modo fisico; si tratta, piuttosto,
di una “sete divina”, cioè
del desiderio purissimo che anima coloro
che non si accontentano d’aver
raggiunto la liberazione individuale,
ma aspirano alla salvezza di tutti;
è la via perseguita da quelli
che in Oriente sono detti bodhisattva,
cioè coloro la cui essenza (sattva)
è divenuta conoscenza della verità,
illuminazione (bodhi).
A questo punto, il Cristo ha portato
a termine la Sua missione; infatti,
pronuncia le parole:”Tutto è
compiuto” e “Padre, nelle
Tue mani rimetto il mio spirito”.
Ed è allora che il Vangelo dice
che “il velo del tempio si squarciò”,
alludendo all’ingresso nel regno
dello spirito; materia e spirito erano
uno, senza veli, diaframmi, separazione
alcuna.
Ed infine, se si dovesse dire perché
fu necessario al Cristo morire, si potrebbe
rispondere che non si può raggiungere
la perfezione senza sofferenza ed il
totale sacrificio di se stessi.
CAPITOLO VI°
LA QUINTA INIZIAZIONE
– LA RESURREZIONE E L’ASCENSIONE
Per l’umanità attuale non
è possibile comprendere come
sia avvenuta la resurrezione di Cristo
ed in quale specie di corpo apparve
ai Suoi discepoli.
È utile, invece, esaminare la
psicologia degli apostoli. Essi ritenevano
imminente la venuta del Regno, ma non
avevano compreso che occorreva molto
tempo, prima che gli esseri umani comprendessero
il senso della morte, della continuità
della vita e dell’immortalità.
Per far ciò, era necessario che
nella coscienza umana si sviluppasse
il senso dell’Amore e si operasse
per il bene comune, non per l’utile
individuale.
Ora, i primi cristiani amavano Cristo
e lo vedevano riflesso in ognuno di
loro; la resurrezione li aveva confermati
nell’idea che non esisteva morte
per chi fosse stato capace di seguire
le orme del Maestro.
Egli aveva insegnato, infatti, che la
divinità vive in ognuno e che
esiste un’evoluzione che rende
l’uomo un illuminato ed un immortale.
Anche gli antichi Misteri avevano rivelato
che i Figli di Dio muoiono, resuscitano
entro il terzo giorno ed ascendono al
cielo; questo avvenne per Adone, Tammuz,
Zoroastro, Esculapio e molti altri ancora,
come Baldur, Mitra, Bacco, Osiride.
Nelle cerimonie protocristiane, egizie,
caldaiche esisteva un simbolismo esteriore
che rifletteva le fasi che l’individuo
doveva attraversare. L’iniziato
veniva disteso a terra con le braccia
aperte in croce, poi con il tirso veniva
toccato sul cuore (la “lancia”
di Longino!); veniva prodotta una catalessi
profonda che simulava la morte. In questo
stato, il corpo era adagiato in un sarcofago
di pietra, mentre la coscienza viaggiava
in altre dimensioni, dapprima oscure
e poi celesti, dove si acquisiva il
corpo di beatitudine. Infine, lo ierofante
procedeva alla rianimazione, volgendo
ad oriente il volto dell’iniziato,
affinché fosse sfiorato dai raggi
del sole nascente.
La novità apportata dal Cristo
rispetto a questi antichi riti consiste
nel fatto che tali dottrine non vennero
più impartite in segreto (Mt.10,
26-27), ma mostrate pubblicamente, attraverso
la Sua stessa vita. Era la chiara dimostrazione
che tutti avrebbero potuto ottenere
gli identici risultati, se solo avessero
seguito il Suo esempio, facendo appello
all’Io divino che vive in ciascuno
di noi.
Ai nostri giorni, la scienza inizia
a considerare l’ipotesi che qualcosa
sopravviva alla morte del corpo fisico,
studiando i casi sempre più frequenti
di persone risvegliatesi da un coma
profondo che raccontano di aver vissuto
esperienze straordinarie e stranamente
simili, a prescindere dal loro credo
e dal livello d’istruzione raggiunto.
La morte, quindi, comincia ad essere
vista come liberazione dai limiti fisici
e come transizione da uno stato di coscienza
ad un altro; a tutto ciò il Cristo
ci ha preparato con la Sua predicazione
ed esempio.
Del resto, un qualcosa in noi rifiuta
l’idea della distruzione totale
dopo la morte: è la voce silenziosa
del sé divino che testimonia
la verità, spronandoci a progredire,
a creare, ad infondere un senso alla
vita, impegnandoci nell’azione
altruistica, piuttosto che oziare eternamente
in “cielo”, appagati della
nostra beatitudine ed insensibili alla
sorte di chi è restato indietro.
Questa concezione viene ormai rifiutata
dalle menti più evolute, ma è
lo stesso Cristo che l’ha negata,
risorgendo da morte per entrare in una
vita attiva di accresciuto servizio,
in vista della salvezza dell’ultima
“pecorella smarrita”.
In cielo, quindi, non vi è pace,
né riposo, né inazione,
ma compiti adeguati allo stato di coscienza
acquisito grazie ai nostri meriti.
L’umanità, quindi, comincia
ad intuire quale sia la meta finale;
in noi esiste un impulso a progredire
e ad orientarci verso i veri valori
per cui la vita merita di essere vissuta.
Stiamo divenendo consapevoli di essere
parte di un Tutto e di non poter agire
in modo egoistico; è per questo
che il sé personale verrà
gradualmente trasceso, fino a far prevalere
il desiderio di cooperazione, di solidarietà
e di sintesi.
L’apparente confusione che regna
nel mondo attuale non è che l’espressione
di questo progressivo orientarsi verso
valori più autentici.
Il Regno di Dio procede verso la sua
attuazione; questo deve divenire una
certezza per noi, infondendoci le forze
necessarie per cooperare alla nascita
di un’umanità nuova, capace
di esprimere appieno la divinità
latente in ogni individuo.
CAPITOLO VII°
LA NOSTRA META IMMEDIATA: LA FONDAZIONE
DEL REGNO
La buona novella consiste nel fatto
che il Regno di Dio attende tutti coloro
che amano e servono il prossimo, purificando
la loro natura inferiore, senza distinzione
di credo e di dogmi.
Il problema, però, consiste nel
trovare il modo per migliorarci, per
realizzare praticamente l’ideale
di un mondo nuovo, per superare il processo
della morte e raggiungere la resurrezione.
Bene: Cristo ha detto che l’uomo
è un essere divino; quindi, dobbiamo
riuscire ad esprimere la divinità
ancora latente, creando nel contempo
una società che opera in modo
diametralmente opposto a quello attuale.
Per far ciò, è necessario
che tutte le strutture su cui è
ancora fondato il mondo siano distrutte;
ciò non implica necessariamente
la fine dell’umanità; piuttosto,
quella di un modo di vivere errato fondato
sull’egoismo e sulla sopraffazione.
Per questo, i Maestri invitano a ricercare
il bene generale e a praticare la fratellanza
universale, al posto dell’individualismo
e della separatività.
La via giusta è indicata dalla
luce insita in noi; ad essa dobbiamo
fare appello e lasciarci guidare senza
timore di fallire nell’impresa,
perché altri prima di noi sono
riusciti a compierla con successo.
Tuttavia, solo quando questo spirito
d’amore, d’inclusività
e di tolleranza sarà più
generalizzato, si comincerà a
vedere un cambiamento effettivo dell’intera
società e non solo d’individui
isolati.
Ascoltare la voce della coscienza vuol
dire essere capaci di captare le impressioni
provenienti dall’anima; si tratta
di un’ispirazione che s’avverte
nello stato meditativo: è l’anima
che, attraverso la mente, guida il cervello
umano con impulsi altamente spirituali.
Non sarà più la personalità
a prevalere, ma la parte divina che
alberga in ognuno di noi.
Non è poi così difficile
raggiungere questo stato; si può
farlo anche in una sola vita, in questa,
purché lo si voglia davvero.
Una nuova religione sta per nascere;
non sarà più fondata su
dogmi irragionevoli e dottrine opinabili
formulate da uomini, ma diverrà
un modo di essere, evidenziando soprattutto
l’importanza di servire attivamente
ed amorevolmente il prossimo.
La prassi dell’iniziazione si
diffonderà e consisterà
essenzialmente in un processo che aiuta
a manifestare la nostra natura più
profonda e più vera, sebbene
ancora nascosta.
Se si crede nella necessità di
un rinnovamento, bisogna impegnarsi
per accelerare l’apparizione del
Regno, cioè della vera Chiesa,
della comunità (ecclesìa)
separata dal potere ecclesiastico e
composta da tutti coloro che sono illuminati
dalla luce interiore.
È il momento giusto per effettuare
un grande cambiamento; il mondo avverte,
seppur oscuramente, la necessità
d’invertire la rotta, per evitare
disastri peggiori di quanti ormai avvengono
di continuo.
Il compito di preparare l’avvento
del Regno è affidato ai discepoli;
Dio ha bisogno della collaborazione
di uomini di buona volontà, a
prescindere dalla loro razza o credo
religioso.
Chi si oppone a questo inevitabile processo
dovrebbe comprendere che ci troviamo
in un’èra di transizione;
non è più l’epoca
dell’autorità imposta dall’alto,
ma si avvicina quella che permetterà
di fare l’esperienza diretta di
una realtà invisibile, a cui
si è dovuto credere per fede
cieca, senza una convinzione profonda.
Quest’inevitabile inversione di
rotta riguarderà a breve (già
se ne intravedono i segni premonitori)
tutte le strutture portanti della società
attuale, sconvolgendo l’assetto
e le regole che attualmente governano
le istituzioni politiche, sociali, economiche
e religiose.
La scoperta della dimensione spirituale,
finora appannaggio di un numero relativamente
ristretto di persone, diverrà
sempre più generalizzata, producendo
di riflesso nell’intera umanità
il bisogno di ridisegnare la scala dei
valori e, di conseguenza, la necessità
di organizzare tutta la vita, sia essa
individuale o collettiva, su basi diverse.
Coloro che cercano in ogni modo di opporsi
o quanto meno di ritardare questo cambiamento
epocale verranno inevitabilmente travolti
dalla rapida successione degli eventi,
che ne faranno degli attardati sopravvissuti
ad un’epoca ormai tramontata,
condannandoli all’oblìo
ed al disinteresse da parte della maggioranza.
Un mutamento così radicale non
può avvenire senza provocare
traumi, disorientamento, crisi profonde
in molti individui che si vedranno privati
delle guide esteriori a cui si appoggiavano
per abitudine e convenienza, scegliendo
la via del disimpegno, del formalismo,
della tradizione ossificata che ritenevano
immutabile ed eterna.
Questo è quanto si va manifestando
già ai nostri giorni, che precedono
appunto la grande transizione; tuttavia,
l’apparente confusione, il crollo
dei vecchi valori e delle convinzioni
più radicate non deve indurre
negli animi paura, sconforto, passività
e fatalismo.
Al contrario, il difficile periodo che
stiamo attraversando può paragonarsi
con una felice metafora alle doglie
del parto che preludono ad una nuova
nascita, apportatrice di gioia.
Sapere questo ci rende capaci di comprendere
quanto sta accadendo nel mondo, di sopportare
meglio i colpi che tutti dovranno subire,
di dare un senso alla sofferenza, necessario
strumento per il risveglio delle coscienze.
Il trionfo di un magnifico ideale è
sicuro ed ormai prossimo. Questa certezza
deve renderci ottimisti, più
forti, più saldi nelle nostre
convinzioni, disposti ad aiutare quelli
che non sanno ed hanno bisogno del nostro
supporto.
I discepoli, coloro che ritengono importante
e necessaria un’inversione di
rotta per il bene dell’umanità,
in qualsiasi parte del mondo si trovino
a vivere, a qualsiasi razza o credo
religioso appartengano, dovrebbero sentire
prepotentemente in loro l’impulso
ad agire per collaborare, a seconda
delle loro capacità, alla realizzazione
del Piano divino ideato in funzione
di un salto di qualità che tutti
gli esseri umani sono chiamati a sperimentare
tra breve.
Questa convinzione, se profondamente
radicata nelle nostre anime, ci renderà
non solo capaci di attraversare senza
danno le prove difficili che ci attendono,
ma di sostenere, guidare, consigliare
quanti giungeranno impreparati a vivere
gli eventi ormai prossimi.
Il compito non è facile, ma non
superiore alle forze di coloro che sanno
di non essere soli, perché hanno
sperimentato la reale presenza del divino
Sé nel proprio intimo.